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Rassegna di pittori italiani
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Il gran grido è una poesia scritta da Don Clemente Rebora in occasione del primo centenario del transito del Beato Antonio Rosmini.
Una frase che ritengo particolarmente significativa questo rivoluzionario poeta l'ha scritta nel suo "curriculum vitae":
Ferma il mio dire, se non dico il vero.
La ricerca della verità, è questa la vera rivoluzione della vita. L'uomo, o meglio la grande maggioranza degli uomini, ha un solo obiettivo: diventare più ricco degli altri. E' possibile diventare ricchi sfruttando una idea geniale, facendo scoperte o brevettando qualcosa di originale, ma queste strade sono riservate a pochi eletti. Per molti la strada è una sola: imbrogliare il prossimo. Ecco che ricercare la verità, studiare la realtà sono azioni che economicamente non rendono, quindi pochissime persone si dedicano. Clemente Rebora lo ritengo un grande poeta proprio perché si inserisce di pieno diritto tra queste pochissime persone.
Riporto ora una sua poesia dedicata al Beato Antonio Rosmini (1797 - 1855), l'uomo che Rebora ha conosciuto attraverso i suoi numerosi scritti.
Per il Centenario del transito di Antonio Rosmini
I
Gesù mandò il gran grido.
Rende lo spirito al Padre.
Immenso silenzio improvviso:
via fugge, snidata, la morte:
addensate dal giorno
le tenebre, il sole le squarcia:
si squarcia il velo del Tempio.
Immobile è tutto,
un istante che è eterno:
il Sangue, solo, si muove,
l’inesausto amor del Signore
che pende regale
aperte le braccia ai fratelli
verso la Madre nel parto.
Ora ascende, ascende il Calvario,
paradiso pieno di dolore:
in un gemer di tutto il creato,
la terra sussulta,
si spezzan le pietre,
nelle tombe esultano i santi;
rincasa la gente, battendosi il petto:
poca rimane, rapita nel pianto:
i crocifissi languenti
stan come assorti;
e nell’immane momento,
il Centurione, di fronte alla Croce,
sgomento, dice, gloriando, coi suoi:
Veramente era il Figlio di Dio.-
II
Grandeggia il gran grido
del Crocifisso Amatore:
uno, primizia, risponde
e lapidato amando lo affonde.
Risuona più intenso il gran grido
del sanguinante Amore,
ed è martirio e letizia a chi l’intona,
comunione buona
d’unanimi figli di luce;
invano, nell’ora illusoria,
perché non si senta il gran grido
fa ressa il maligno aizzando
il frastuono del mondo;
ma scoppia quel grido a richiamo
dal cuore di miti fratelli,
e si fa vera storia:
ascende quel grido nel tempo
con impeti a gemiti e fremiti nuovi
verso l’avvento di Lui nella gloria:
Siam fatti per Te, o Signore,
e inquieto è il cuor nostro
fin che in Te non riposi.-
- Pregare, Signore, e lavorare.-
- Pace e bene, Signore.-
- Non altro compenso che Te, Signore.-
- Ha da ardere il fuoco, Signore.-
- Esser per Te disprezzato, o Signore.-
- O patire o morire, Signore.-
- Patir, Signore, e non morire.-
- A tua maggior gloria, Signore.-
- Non chieder, né rifiutar, Signore.-
- Anima dammi, Signore, e togli il resto.-
III
Così crescendo palpita il gran grido
in un magnanimo coro di santi:
è Gesù sulla Croce morente
in un’epifania di amore,
è Gesù, che dall’altare chiama
la gente smarrita e gli erranti
in un’effusione di vita,
mentre si avanza il giorno che non tarda.
Ed ecco un’umile voce si aggiunge:
par solitaria nel suo grave tono,
quasi in pace sapiente senza pena,
ma tanto è piena dell’ansia di tutti:
voce di un genio sovrano
splendente d’umano e divino sapere,
d’uno che, fisso al Volto di Dio,
al Crocifisso Amor infinito,
legga, adorando, tacendo, gridando -
nel Trinitario circolar mistero
la verità delle infuocate nozze;
poi, nel sofferto pensiero profondo
la carità di quel gran grido assomma,
di quell’unico grido si colma,
e inebriato del sangue del perdono,
maternamente mosso da Maria,
in una sola ingenua richiesta
con slancio di figlio profondo: - Padre,
vedi il fondo dell’anima mia,
fammi buono! –
Stresa, settembre 1953
Don Clemente Maria Rebora
In queste immagini il manoscritto di Don Clemente Rebora
Chi è Don Clemente Maria Rebora?
Clemente Maria Rebora è nato a Milano il 6 gennaio 1885. Giovanissimo, inizia la sua attività di scrittore collaborando al periodico “La Voce” diretto da Prezzolini nei primi anni del ventesimo secolo. Sviluppa le sue capacità narrative e si dedica anche alla poesia. Nel 1913 pubblica la raccolta “Frammenti lirici”. Allo scoppio della prima guerra mondiale viene arruolato come sottotenente e nel 1916, in seguito ad un colpo di cannone dell'artiglieria costiera austro-ungarica, riporta un grave trauma cranico. Viene ricoverato in diversi ospedali militari fino al 1919, quando sarà riformato dal servizio. Il grave trauma non gli impedisce di riprendere le sue attività. Tra il 1919 e il 1928 si dedica all'insegnamento, tiene conferenze e dirige, per l'editore Paravia, la collana "Maestri di Vita". Nell’anno dell’ascesa del fascismo (1922) pubblica la sua seconda raccolta di poesie dal titolo “Canti anonimi”. Proprio dalla lettura di queste poesie si comprende che Clemente Rebora è coinvolto in una profonda crisi spirituale che lo porterà ad abbracciare in pieno la religione cattolica. Nel 1930 diventa novizio nel Collegio Rosmini. Nel 1936 diventa sacerdote rosminiano a Domodossola (VB). Viene accolto nel Centro Internazionale di studi rosminiani a Stresa, sul lago Maggiore. Per circa vent’anni non da alle stampe alcun testo, poi pubblica “Canti dell’infermità” e “Curriculum vitae”. E’ morto a Stresa il primo novembre 1957.
Padre Umberto Muratore, Superiore dei Rosminiani, in occasione della beatificazione di Antonio Rosmini pubblicò il libro "Il grande grido". La beatificazione di Rosmini avvenne il 18 novembre 2007; il libro di Padre Umberto Muratore è del 2008.
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