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Rassegna di pittori italiani

Solo quadri di artisti che utilizzano un linguaggio pittorico chiaro e aderente alla realtà.  Immagini, ma anche conversazioni e saggi su tecnica e interpretazione della pittura e della storia dell'arte.

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Quadro astratto: parole senza senso scritte in una lingua sconosciuta

Un quadro astratto è simile ad una poesia scritta in una lingua che solo l’autore conosce. Se vogliamo essere ancora più realisti è un insieme di parole scritte in una lingua che pittore e alcuni critici fingono di conoscere.
L’unica considerazione che razionalmente si può fare di fronte ad un'opera astratta è che si tratta di un quadro che non può essere compreso da nessuno.
Se troviamo un foglio dove c’è una poesia scritta in una lingua che non conosciamo non possiamo dire se è bella o brutta, se è gioiosa o penosa. Le poesie scritte in una lingua nota solo all’autore non hanno futuro e finiscono nei cestini dei rifiuti.
La pittura è il linguaggio universale della rappresentazione. Nell'ambito della pittura si possono esprimere concetti banali o concetti eccelsi.
L’Arte è espressione di un pensiero elevato, è quindi comunicazione. Se non c’è comunicazione non può esserci Arte. Gli assiomi sul concetto di Arte sono pochi, ma un'Arte che non esprime e pertanto non comunica non potrà mai definirsi Arte. I quadri astratti non esprimono nulla, pertanto non comunicano, di conseguenza non saranno mai opere d'Arte.

Perché, al pari delle poesie scritte in una lingua che solo l’autore conosce, i quadri astratti non sono finiti nella discarica comunale?


Perché il lettore di poesie resta un individuo che vuole capire; mentre chi osserva i quadri ha subìto un lavaggio del cervello, è stato persuaso di non possedere le capacità per capire il contenuto dei quadri e deve affidarsi ad un interprete.
Per gli effetti di una capillare campagna mediatica agli uomini è stato detto a chiare lettere che non sono in grado di riconoscere le opere pittoriche e pertanto devono accettare le direttive di critici e galleristi, i quali sono i soli ad avere la capacità di riconoscere le opere d’arte.
La diffusione del pensiero unico ha alterato la mente di molte persone comuni. Questa ormai secolare azione di condizionamento le ha convinte di non essere in grado di comprendere l’arte pittorica e di avere la necessità di affidarsi ad una guida. E’ difficile descrivere quello che provo quando parlo coi visitatori di una mostra di pittura e li sento ammettere di non capire ciò che vedono. La massima contestazione che sento è del tipo: «quel quadro sarà un’opera d’arte, ma io l’arte moderna non la capisco. »
La gente comune non ha il coraggio di dire che quel quadro è banale e in una composizione di macchie non c’è nulla da capire.

Gli uomini fanno frequenti ammissioni d’ignoranza e rinunciano a pensare. Chi rinuncia a pensare lo definisco un credente, cioè un uomo simile ad un religioso che non vuole ragionare con la sua testa e si lascia guidare da altri. Così facendo crede, cioè presta fede in tutto quello che gli altri hanno affermato. Chi crede è convinto che gli altri dicano la verità e siano più intelligenti di lui. Chi crede ritiene che ci sia qualcuno infallibile, o comunque più colto e più lungimirante di lui.
I critici d'arte si presentano come infallibili, come lungimiranti. Sono disorientato nel vedere molte persone che non si rendono conto del vuoto presente nelle argomentazioni dei critici d’arte. Non capiscono che questi ultimi sono grandi solo nelle apparenze.

Se visitiamo un qualsiasi museo d’arte contemporanea o semplicemente entriamo in alcune case possiamo ammirare appesi alle pareti delle tele astratte. Tutte queste cose vengono conservate come se fossero preziose. Sono ben custodite, sono protette da sistemi di allarme, da contratti d’assicurazione e in mille altri modi.
Tante precauzioni per difendere cose incomprensibili. Se un marziano vedesse tutto questo esclamerebbe che i terrestri sono pazzi.
Non sono un marziano, ma sono cosciente di vivere in una società demenziale. Faccio fatica a convivere coi miei simili e ormai faccio pure fatica a scandalizzarmi.
Un quadro dipinto al di fuori di ogni regola è semplicemente un insieme di macchie o di figure geometriche senza significato. Macchie di colore o quadrati e triangoli che non dicono nulla, che non comunicano nulla; quindi chiara ed inequivocabile espressione di nullità artistica. Ogni linguaggio per essere tale ha le sue regole, se le regole non si rispettano, quello non è un linguaggio e quanto scritto non può considerarsi poesia e non merita alcuna considerazione. Il linguaggio pittorico è una lingua universale, con regole precise, che gli astrattisti e i loro sostenitori, in una ricerca esasperata di libertà, hanno abbattuto. Hanno sostituito le regole del linguaggio pittorico con il nulla.
L'Arte è evoluzione. Andate a rivedere i quadri del passato: osservate per esempio le differenze espressive di Cimabue, poi di Giotto, poi di Piero della Francesa. Grandi artisti, tutti con un unico ideale: fare meglio di chi li ha preceduti. Il loro obiettivo è stato quello di approfondire la conoscenza della realtà per poterla meglio rappresentare. Ripeto: conoscere meglio la realtà per poterla meglio rappresentare è questo il filo rosso che lega tutti gli artisti di qualsiasi tempo e degni di questo nome.

Dopo, nel XX secolo, sono arrivati pittori e critici che sostengono che la pittura non deve rappresentare. Sostengono che la pittura rappresenti il nulla. Espongono solo materia come tele e colori. Vorrei che le persone aprissero gli occhi: non ci sono mezze misure, i quadri astratti sono niente.
A volte succede che di fronte ad un quadro figurativo che ricalca altri quadri simili, come un paesaggio, o un nudo di donna, o una natura morta un osservatore pensa che queste opere siano prive di un messaggio intrinseco. Può essere, ma raramente è vero. Non sono certo qui a sostenere che tutto ciò che è figurativo è un’opera d’arte; dico semplicemente che l’Arte può esistere solo in ciò che è rappresentazione reale, mentre non potrà mai esistere in tutto ciò che è astratto. Affermo questo perché solo ciò che ha collegamenti con la realtà può esprimere contenuti e può comunicare concetti; ciò che non è rappresentativo come una tela tagliata o imbrattata di colore non esprime nulla e non comunica nulla.

La pittura è una lingua universale, le cui regole servono per definire il passaggio da una realtà tridimensionale ad un'opera bidimensionale. L’astrattismo non è un linguaggio, non ha regole, è incomprensibile e pertanto non può esprimere alcunchè. I giudizi sull’astrattismo, anche se espressi dai più titolati professori, sono sempre delle parole pronunciate senza una preventiva comprensione, perché nei quadri astratti non c'è un contenuto da comprendere.

Quadri figurativi eccelsi, come per esempio La Gioconda di Leonardo da Vinci, che per primo rappresentò in pittura la prospettiva aerea sono pochi. E’ giusto così. Le vere opere d’Arte, quelle veramente innovative, sono poche. Non dobbiamo pensare che tutti i quadri devono essere ugualmente rivoluzionari ed avere simili contenuti. Il contenuto è espressione della forza dell’artista. Il contenuto permette di orientare l'osservatore tra un’opera pregevole ed una eccelsa, ma il problema di questo scritto non è stabilire la scala di valori tra i vari quadri. Il problema che mi pongo è analizzare due forme di pittura: quella astratta e quella figurativa nel senso più ampio del termine. Voglio concentrarmi sull’astrattismo per aprire gli occhi a chi legge, come ho detto si tratta di un tipo di pittura che esprime nulla ed è sostanzialmente una montatura creata da uomini con intenti esclusivamente speculativi per arrogarsi il diritto di stabilire ciò che è arte e ciò che non lo è.
Sono dell'opinione è che i quadri figurativi che esprimono un pensiero elevato siano pochi e non è nemmeno facile riconoscerli; ma tutti i quadri astratti esprimono niente o, nelle ipotesi più benigne, hanno una originalità formale fine a se stessa. Protestare e rifiutare delle regole sono azioni che chiunque, senza avere alcun ideale artistico, è in grado di manifestare. Quasi tutte le bestie sono in grado di dipingere muovendo la coda o calpestando una tela. Il risultato sarà sempre un quadro senza regole, senza prospettiva, senza disegno, soprattutto senza un contenuto e senza un significato. Quello che viene chiamato quadro astratto, per l'assenza di contenuti, è identico ad un quadro realizzato da un animale.

Voglio ora focalizzare l’attenzione sull’originalità di un’opera. Una soluzione geniale è sempre originale e di conseguenza è la genialità che eleva un’opera pittorica e non solo. L’originalità fine a sé stessa è nulla, è una banalità.
Nell’arte contemporanea sono stati esaltati pittori astratti che hanno espresso niente, che non hanno avuto intuizioni geniali, ma sono stati solo originali ad ogni costo. Esempi tipici sono la merda in scatola di Manzoni e i tagli della tela di Fontana.
Molti critici hanno sostenuto i loro protetti facendo leva sull’originalità e sottolineando l’anno di esecuzione di certe opere. Per esempio l’acquerello di Kandinskij è del 1910 [dipinto su carta a matita, acquerello e china di cm 49,6x61,8 e ritenuto la prima opera astratta della storia]. Dire che è rivoluzionario perché è stato dipinto oltre cento anni fa è una sciocchezza. Guardate quell'acquerello, solo macchie di colore sgradevoli a vedersi. Quell’acquerello non significa nulla e pertanto non vale nulla, indipendentemente dal momento storico in cui venne dipinto. Dietro a quell’acquerello non c’è un pensiero geniale e non è nemmeno ipotizzabile. Ho definito il quadro astratto un reattivo di Rorschach e ne sono perfettamente convinto. Il reattivo è una macchia di colore e le persone normali vedono una macchia di colore. I critici spingono gli uomini a vedere cose che non ci sono in quelle macchie. Una sorta di istigazione a diventare tutti dei pazzi visionari. Chi non vede nelle macchie di colore cose straordinarie diventa la persona anormale, diventa il ritardato intellettualmente. 

Il fatto di essere originale senza genialità e senza un contenuto da esprimere è un elemento di nullità artistica di un’opera. Ricordo che esaltare l'originalità fine a se stessa è una sciocchezza; non per caso Alessandro Manzoni sostenne che non tutto ciò che è nuovo è progresso. Sicuramente prendere l'acquerello di Kandinskij, metterlo tra un vetro e un cartone, appenderlo ad una parete e illuminarlo adeguatamente per esporlo a migliaia di persone è stato un fatto originale. Tecnicamente stiamo parlando di un acquerello alla portata di qualsiasi bambino delle scuole elementari. Come possiamo considerare opera d'arte un foglio scarabocchiato che chiunque è in grado di fare? E' sufficiente dire che è stato il primo a venire esposto come opera artistica per sostenere che quello è un capolavoro? Certamente no. Quello è un foglio scarabocchiato, resterà un foglio scarabocchiato che non esprime nulla, come nulla esprimono tutti coloro che hanno cavalcato l'astrattismo. 

Dalla degenerazione astratta si è sempre continuato a ricercare e si sono sviluppate degenerazioni successive. Credo che nei secoli passati quando la superstizione era al massimo livello a nessuno sia mai passato per la mente di mettersi a curare le persone facendole dipingere o facendo veder loro dei quadri. Oggi ci illudiamo di essere evoluti, c'è qualcuno che parla di arteterapia, che fonde la pittura con la guarigione dalle malattie. Una semplice assurdità che in un contesto evoluto dovrebbe essere solo uno spunto per fare quattro risate. Purtroppo l'evoluzione dell'uomo è lentissima: alla base di tutto c'è l'essere credente. Cioè l'ammettere la propria ignoranza di fronte a particolari situazioni. Ci crediamo evoluti e crediamo ai miracoli, crediamo che ci possa essere un qualcosa di artistico in una serie di macchie di colori, pensaimo che pitturando si possa guarire da una malattia impegnandoci con oli e pennelli. Fino a quando queste credenze avranno dei seguaci l'uomo resterà sempre fragile e facilmente condizionabile.

Immanuel Kant aveva capito che doveva sorgere una nuova era, l'aveva definita "illuminismo". Purtroppo l'illuminismo deve ancora arrivare.

Carlo Govoni

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