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Rassegna di pittori italiani

Solo quadri di artisti che utilizzano un linguaggio pittorico chiaro e aderente alla realtà.  Immagini, ma anche conversazioni e saggi su tecnica e interpretazione della pittura e della storia dell'arte.

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Col passare dei secoli tutte le attività umane si sono evolute tranne due: quella del pittore e dello scultore. 

Possiamo esaminare qualsiasi attività manuale o intellettuale ed avremo sempre il medesimo risultato, col passare dei secoli si riscontra sempre un miglioramento. Pensiamo a tre figure professionali molto diverse: il ciabattino, il comandante di una nave e l’ingegnere edile.

Il ciabattino ai tempi di Romolo e Remo faceva e riparava soprattutto sandali e zoccoli molto essenziali. Per lui una calzatura era una sagoma di cuoio o di legno alle quali attaccava alcune stringhe per legarle ai piedi. Col passare dei secoli migliorano le cuciture sul cuoio, migliorano i sistemi di chiusura delle scarpe, gli aghi diventano più sottili, ma il lavoro resta totalmente manuale. Nel secolo XIX compaiono le prime macchine, si riduce la fatica, aumenta la produttività e si creano scarpe migliori qualitativamente. Nel XX secolo i ciabattini più bravi (non si userà più questa parola) sono dei creativi, cioè autentici designer di scarpe. I disegni si fanno al computer e la realizzazione dei prodotti è quasi totalmente eseguita da macchine. Solo per finiture di pregio si utilizza il lavoro di artigiani altamente specializzati. Una scarpa deve avere requisiti estetici e di confort impensabili 2600 anni fa.

Passiamo ora a ricostruire la professione del comandante di una nave. Partiamo sempre da prima della nascita di Cristo. A quei tempi chi guidava una nave era un uomo dal carattere forte che sapeva imporsi su un gruppo di marinai non sempre inclini all’obbedienza ed era anche una persona che sapeva osservare il sole e le stelle. Il comandante era quindi un uomo forte, ma anche una specie di indovino. Gli errori di rotta erano molto frequenti. Già centinaia di anni dopo, ai tempi dei bizantini, le cose sono un poco migliorate per quanto riguarda la struttura delle navi, ma poco per quanto attiene all’orientamento in mare aperto. Un passo in avanti avverrà dopo l'anno mille con l’invenzione della bussola. Con questo strumento e con una carta geografica molto approssimativa i comandanti riuscivano a rendere i viaggi in mare più sicuri e più precisi. Riuscivano ad orientarsi senza il sole e senza le stelle, fu un passo in avanti enorme. Poi gli strumenti miglioreranno ancora, ci sarà il cannocchiale (1606), il sestante (1730), ecc. Il comandante di una nave non sarà più un mago che leggeva il cielo, ma un tecnico sempre più raffinato. Le cose miglioreranno ancora con l’invenzione del sonar e del radar (1904) e la professione di comandante si trasformò in una attività estremamente  tecnologica.

Ho citato come ultimo esempio l’ingegnere edile. Cinquecento anni prima che nascesse Cristo questo era un uomo esperto che sapeva dare le direttive per costruire un muro e sapeva usare gli architravi per ricavare porte e finestre. Per mantenere la solidità costruttiva queste aperture erano poche e strette. Passi importanti li hanno compiuti gli antichi romani. Qui i costruttori edili hanno introdotto l’uso dei mattoni e soprattutto hanno inventato e utilizzato l’arco. Con l’arco e la volta hanno realizzato opere grandiose. Anche qui l’evoluzione è stata lenta, ma nei secoli XIII e XIV si sono sviluppate forme architettoniche straordinarie, sono i periodi dello stile romanico e gotico. Attraverso opere totalmente manuali gli ingeneri hanno costruito cattedrali che suscitano solo meraviglia. Col rinascimento le tecniche restano sempre manuali, ma si perfezionano le decorazioni e la razionalità degli spazi. In anni più recenti con l’avvento del cemento armato (1883 ?), si sono costruite opere che per dimensioni e per caratteristiche estetiche erano impensabili per chi ha operato nell’edilizia fino al secolo precedente. Anche qui l’evoluzione è stata notevolissima: da artigiano che sapeva fare un muro ed usare l’architrave a tecnico in grado di eseguire complicati calcoli strutturali e realizzare opere grandiose.

Che cosa unisce questi tre esempi?
Col passare dei secoli queste tre figure professionali si sono evolute, sono diventate più raffinate, c’è sempre stato un miglioramento.
Quello che ho descritto per queste professioni vale per qualsiasi altra professione, dal contadino al soldato, dallo scriba al vasaio. Si può trarre questa conclusione: nell’arco di duemilacinquecento anni c’è stata una evoluzione continua per tutte le attività umane e per tutte le professioni, eccetto due: il pittore e lo scultore.

Essendo questo un luogo dedicato alla pittura tralascio la figura dello scultore e mi dedico a quella del pittore. Preciso fin d’ora che nell’evoluzione tra le due discipline non c’è molta differenza, alcuni concetti che indicherò per la pittura si possono applicare anche alla scultura.

Vediamo chi era il pittore del V° secolo a.C.?
Conosciamo poco di questi pittori, praticamente non ne conosciamo nemmeno i nomi. Abbiamo qualche idea di quello che facevano osservando la pittura dei vasi greci. Cosa si vedeva sui vasi? Di solito c’erano in alto e in basso delle parti decorative e al centro una scena. Quasi sempre venivano raffigurate persone (uomini e donne) raramente animali. Poi accanto ad alcuni personaggi delle scritte. Dall’interpretazione di queste figure e delle scritte si capisce che il pittore si ispirava alle letture del tempo. Nell’arte greca si faceva riferimento a storie dell’Iliade e dell’Odissea o a rappresentazioni di divinità. Chi poteva dipingere quei vasi? Sicuramente un uomo che conosceva quei poemi o che era in contatto con sacerdoti. In una società dove circa il 90% della popolazione era analfabeta possiamo dire con ragionevole certezza che il pittore sapeva leggere e scrivere. Valutato in quel periodo storico il pittore era un uomo che si elevava per cultura rispetto agli altri.

Facciamo un salto di qualche secolo ed arriviamo a Roma. Anche qui le opere pittoriche che possiamo ammirare sono poche, però ad Ercolano e a Pompei c’è ne sono e sono ancora visibili. Qui vediamo che non sono più figure nere o figure rosse come erano quelle degli antichi greci. Qui ci sono decorazioni complesse e quando viene rappresentata la figura questa appare molto ben disegnata. Per i pittori greci l’ambiente era inesistente, non così per i romani. Proviamo a pensare agli affreschi del periodo dell’illusionismo architettonico. Questi pittori erano in grado di dipingere su un muro una stanza che non esisteva. Cercavano di allargare lo spazio con la pittura. I romani non conoscevano la prospettiva come la concepiamo noi oggi, ma avevano avuto delle intuizioni molto felici. Chi era quindi il pittore romano? Anche in questo caso la risposta è simile a quella che ho dato per il pittore greco, era un uomo di cultura. Era un acuto osservatore della realtà e cercava di trasferirla su un muro. Non dimentichiamo che anche in questo periodo gran parte della popolazione non sapeva leggere ne scrivere. Il pittore sicuramente doveva conoscere regole prospettiche, doveva conoscere le proporzioni del corpo umano, conosceva le regole sul chiaroscuro, ecc. Tutte nozioni che acquisiva per affiancamento con altri pittori, ma anche per aver studiato, per esempio si studiavano i canoni delle proporzioni del corpo. Il pittore romano si poteva equiparare per cultura ad un filosofo o ad un poeta. Era sempre un uomo collocato tra i migliori intellettuali del suo tempo.

Proseguo in questo excursus storico e arriviamo per esempio ai mosaici bizantini. Questi ci fanno capire che c’è stata una evoluzione notevole nel disegno della figura umana, degli abiti e degli oggetti. Per contro i fondi dorati, belli a vedersi, lasciano intendere che è assente il concetto della profondità di campo.
Un passo importante lo si osserverà nel secolo XIV con Giotto, il quale seppur in modo intuitivo, affronterà il problema della visione prospettica.
Passerà ancora un secolo e due grandi dell’arte italiana: Leon Battista Alberti  e  Piero della Francesca metteranno a fuoco le regole della prospettiva. 

Dopo arriverà un uomo profondamente geniale: Leonardo da Vinci (1452-1519) che scoprirà la prospettiva aerea. Ci farà capire quanto è importante la presenza dell’aria tra noi e il soggetto che vogliamo rappresentare.

In anni successivi ci sono stati grandi innovatori che hanno sempre valorizzato alcuni aspetti della raffigurazione. Mi limito a citare gli artisti che ritengo molto significativi. Il Caravaggio che utilizza sapientemente la luce. Evaristo Baschenis (1617-1677) che dipingendo la polvere ci farà capire che in un quadro si può dipingere il tempo che passa. Antonio Canal detto il Canaletto che con la sua camera ottica creerà immagini prospettiche praticamente perfette.

Diventa difficile riuscire a migliorare le tecniche pittoriche. Gli artisti della fine del secolo XVIII e prima metà del XIX si dedicano soprattutto alla ricerca di nuovi contenuti.

Nel 1839 si concretizza l’invenzione della fotografia, questo evento sembra mettere in secondo piano l’opera del pittore, perché un fotografo in dieci minuti fa quello che un pittore fa in dieci settimane di lavoro. La mia convinzione è che la fotografia abbia frenato l’evoluzione dell’arte perchè nella seconda metà dell’ottocento si diffusero strane idee come a) la raffigurazione del vero è compito della fotografia; b) non è possibile migliorare le tecniche pittoriche in quanto non ci sarebbe stato nulla da aggiungere a quanto avevano già scoperto i grandi pittori. 

Tra 1860 e 1870 si gettano le basi per la nascita dell’impressionismo. E’ questo il primo movimento pittorico che non sorge per evoluzione dei movimenti precedenti ma per una contestazione alle espressioni artistiche della prima metà dell’ottocento.

Il quesito che spesso viene posto è: chi sono gli impressionisti? Sono dei pittori che sanno dipingere bene e cercano una nuova strada o sono pittori che rispetto ai pittori precedenti sono poco capaci e cercano di dipingere in quantità industriali in modo da soddisfare una clientela sempre più crescente?
La risposta che i critici e gli storici danno è la prima, cioè gli impressionisti sono bravissimi artisti, contestano, cercano il nuovo e lo trovano.
La mia risposta è che gli impressionisti dipingono i quadri a livello di abbozzo, tecnicamente non sono bravi, portano ad una semplificazione della pittura proprio per soddisfare le mutate esigenze commerciali di una emergente società industriale. Fino alla fine del settecento erano solo i religiosi e i nobili ad acquistare quadri. Con lo sviluppo industriale a queste categorie si affiancano i ricchi industriali, ecco che c’è da parte dei mercanti l’esigenza di avere più opere da vendere. 
La situazione peggiora ancora con l'avvento dell'astrattismo e di quella che definisco arte contemporanea. Nell'arte contemporanea il concetto di rappresentazione non esiste più, non serve saper disegnare e nemmeno saper dipingere. Non serve avere conoscenze tecniche. Non si riesce nemmeno a capire che cosa si debba ricercare in un quadro, in quanto ogni oggetto privo di significato come per esempio la merda in scatola o una tela tagliata diventano "opere d'arte". 
Da qui l’involuzione professionale del pittore è una caduta senza limiti. Non più uomo geniale, ma semplice imbrattatele. Non più persona di cultura, ma sempre più ignorante e sempre più infantile. Chiunque è in grado di bruciacchiare una tela o mettere in una scatola i propri escrementi. L'unica qualità che sembrano possedere coloro che sono venerati come grandi artisti contemporanei è l'originalità fine a se stessa. Ecco che abbiamo coloro che hanno detto che tutto è volume (i cubisiti), poi coloro che hanno negato la forma (gli astrattisti informali), coloro che riducono tutto a poligoni semplici (gli astrattisti geometrici), coloro che vogliono stimolare la retina dell'osservatore (gli astrattisti optical), coloro che vogliono solo essere originali e stupire (le tele bruciacchiate, i tagli, i buchi e chi più ne ha più ne metta. Un qualsiasi manufatto semplicemente insolito viene osannato, quindi nessuna evoluzione ma solo un condizionamento collettivo. 

A questo punto mi sembra logico chiedermi perché tutte le attività umane nel corso dei secoli sono sempre in miglioramento e il pittore evolve culturalmente fino alla prima metà del XIX° secolo per poi crollare miseramente? Oggi se uno dipinge in maniera infantile, se agisce come una persona fuori di senno è facile che un gruppo coordinato di mercanti e critici lo esalti come un grande artista.

Perchè? La risposta è relativamente semplice: ogni forma si produzione artistica deve essere valutata come una manifestazione economica finalizzata ad arricchire molti. Se chi dipinge in maniera infantile produrrà migliaia di quadri e farà guadagnare tante persone verrà sostenuto da quelle persone che lo faranno apparire come un grande artista.

L'inacapace a dipingere che farà guradagnare molti critici e mercanti verrà osannato come un grande pittore.

Oggi il quadro deve essere visto non più come un oggetto che rappresenta una figura o delle cose, ma come un oggetto fine a se stesso e commercialmente sostenibile. Non si può nemmeno dire che il quadro debba essere un oggetto colorato, perché ci sono quadri contemporanei dove il colore non esiste. L’elemento importante che caratterizza il quadro oggi è l’inganno commerciale. Se con una catasta di quadri mercanti e critici pensano di poter ricavare molti soldi allora quei tipi di quadri verranno esaltati e alla fine avranno un valore. Si tratta di un gigantesco condizionamento collettivo, alla gente i critici e la stampa specializzata faranno credere (1) che quelle tele imbrattate hanno un valore oggi ed avranno un valore decuplicato domani.

Ci sono pittori che firmano contratti con galleristi. Tutta la loro produzione pittorica deve transitare attraverso quel gallerista o quel circuito di gallerie. I quadri vengono pagati all’artista ad un prezzo stracciato. L’élite di galleristi e critici spende soldi per ingigantire il pittore attraverso pubblicazioni specifiche, articoli, vernissage, acquistando premi di pittura, interviste televisive e quant’altro può servire per enfatizzare quella persona. Ovviamente i galleristi fanno investimenti in denaro solo se pensano di ricavarne un utile. I critici non scrivono se non sono convinti di guadagnare.

Apro una piccola parentesi. I quadri certi di Leonardo da Vinci sono 4, di cui uno è l'affresco dell'ultima cena. Quindi tre quadri commerciabili, volendo aggiungere i quadri a Lui attribuiti si può arrivare ad una quarantina di quadri. Opere attribuite a Pablo Picasso 60.000. E' evidente che se un pittore realizza anche 40 o 400 quadri sono un'inezia rispetto ai 60.000 ma anche ai 100.000 di un pittore contemporaneo. Preciso che pittori che fino al XVIII° secolo hanno realizzato in tutta la loro vita 400 quadri sono pittori molto produttivi. E' evidente che un commerciante vuole avere molte opere da vendere. Il critico si dedica a chi ha molto materiale da vendere. Ecco che la qualità non esiste più. L'importante diventa uno scarabocchio con firma e pezzi di carta, certificati fotografici, atti notarili che ne garantiscono l'autenticità.

Il pittore moderno deve fare tantissimi quadri perché molte persone, se lo esaltano, dovranno guadagnarci. Se un pittore farà venti quadri in un anno è troppo poco per le esigenze del mercato e ai critici e ai galleristi non interessa.

Ecco che diventa un imperativo per un pittore fare almeno 200/300 quadri all’anno. I quadri devono essere in vendita in molte gallerie, quindi il pittore professionista di oggi deve soddisfare molte persone. Gli economisti la chiamano legge dei grandi numeri. Se i quadri sono tanti si possono spendere soldi per critici, per libri, per programmi televisivi, per fare esposizioni nelle gallerie di importanti città. E’ abbastanza semplice capire che se un pittore dipingesse 10 quadri in un anno, venduti quei dieci quadri non ci sarebbe più mercato.
Secondo queste regole salgono solo le quotazioni degli artisti che si adeguano a fare un numero spropositato di opere, ovviamente tutte dipinte nel modo più rapido possibile.

Proviamo a fare qualche riflessione.

1 – Quadri dipinti velocemente sono qualitativamente scarsi. Pensiamo a quello che viene visto come tra i più grandi di oggi: Mario Schifano. Tutti i mercanti hanno uno Schifano da proporvi. Quanti quadri avrà dipinto?

2 – Quadri di scarsa qualità sono facilissimi da copiare. Copiare bene un quadro di Canaletto o di Zais o di Carvaggio sarà difficilissimo. Copiare un Tamburi o un Lilloni è alla portata di tutti. Se un pittore ha prodotto nella sua vita diecimila quadri, sul mercato ne troveremo ventimila, o forse trentamila. Chi è in grado di riconoscere il vero dal falso? Soprattutto quando si tratta di opere copiate da falsari che spesso sono tecnicamente più bravi del “maestro” che hanno copiato e che sono state eseguite in un periodo storico molto vicino a quello in cui è stato attivo il presunto "maestro".

3 – Se per motivi commerciali un pittore deve dipingere molti quadri il mercato sarà inflazionato. In tutte le raccolte private c’è un quadro di quel pittore. Perché dovrebbe aumentare di prezzo un oggetto che non sarà raro. C’è stato un pittore italiano che stimo moltissimo, Evaristo Baschenis, ha dipinto pochissimi quadri e questi sono tutti nei musei. Se oggi un suo quadro finisse ad un asta verosimilmente raggiungerebbe prezzi strepitosi in quanto dovrebbero passare decine di anni per vederne un altro in commercio.

4 – Chi dipinge quadri di scarsa qualità. Se fino al settecento un giovane che avrebbe desiderato fare il pittore doveva andare a bottega da un maestro e doveva formarsi partendo dal preparare i colori e vedere un altro dipingere, oggi non più. Chiunque si sente pittore, basta comperare una scatola di colori e poi si decide che cosa fare. Se non si sa dipingere e si cercherà di ripercorrere i ricordi delle scuole elementari si diventerà pittori naif. Se si pensa di usare colore liquido e lo si farà gocciolare sulla tela si dirà che è un seguace dell’action paintig, se userà una pennellessa larga venti centimetri per dipingere su una tela 50x50 si dirà che è un astrattista gestuale. Se raccoglierà cartoni e piccoli rottami e li incollerà sulla tela sarà un virtuoso polimaterico. Se userà sterco su una tela bianca verrà esaltato come un seguace dell’arte povera.  Qualsiasi cosa faccia un uomo privo di cultura e senza aver mai studiato arte potrà trasformarsi in grande opera d’arte. L’unica cosa che viene richiesta al pittore è il silenzio, l’impegno a fare quel lavoro per anni, meglio se per tutta la vita, non vendere mai un quadro, ma portarli tutti ai mercanti. A queste condizioni i mercanti lo faranno crescere. Per ogni mercante il sogno è pagare un quadro dieci euro e venderlo a diecimila. In una società dove ci sono migliaia di disoccupati non è impossibile trovare chi accetti questi contratti.

Il risultato è questo i pittori d’oggi che vengono considerati bravi dai critici sono pittori del tutto incapaci di dipingere, eseguono quadri in quantità industriali. Non mi piace predire il futuro, perché non lo conosco; ma sarà abbastanza logico pensare che quadri senza qualità non potranno avere futuro. Chi si lascia incantare dai mercanti e mette nel salotto una tela tagliata, pagata un prezzo spropositato, avrà in mano un pugno di mosche.

Rileggiamo questo racconto dall’inizio. Il pittore era un uomo che cercava di raffigurare la realtà, ha iniziato dipingendo figure nere e poi rosse sui vasi, ha capito che le figure si potevano ambientare in stanze o in città, poi ha capito che esisteva uno spazio, che era possibile disegnare la profondità di campo col solo colore. Ha sempre ricercato una tecnica sempre più precisa e raffinata fino alla prima metà dell’ottocento. Da quegli anni inizia un percorso a ritroso. Dipingere quadri sempre più veloci, sempre di scarsa qualità. Si arriva a non dipingere nemmeno, si imbratta, si fanno multipli, si taglia una tela, si fa un gesto e si mette solo una firma. I critici e i mercanti fanno il resto. Quel gesto o quel taglio viene osannato e diventa un capolavoro.

Ogni tanto mi chiedo: ma è possibile che siamo tutti cretini e vediamo in una pennellata violenta, in un taglio o in una bruciacchiatura qualcosa di bello?
C'è stato un uomo che dopo la prima guerra mondiale aveva capito molto dei mezzi di comunicazione si chiamava Adolph Hitler. Egli sosteneva: gridate una bugia abbastanza a lungo e la gente ci crederà. Egli diceva che bisognava gridarla con forza, con tutti i mezzi. Egli affermava che l'importante è "far credere" (1). Così è sorta una dittatura ed è questo quello che fanno i critici d'arte e i mercani di oggi. Gridano una bugia per lungo tempo, continuano a farlo, rifiutano qualsiasi ragionamento razionale. Il risulatato è che l’arte contemporanea è un colossale inganno. Un inganno sostenuto da migliaia di addetti ai lavori e da aspiranti tali. Il mestiere di pittore non è più ad appannaggio di chi ha manualità, genialità, capacità come è stato fino agli inizi del XIX° secolo. Oggi i requisiti richiesti sono due: realizzare molte opere ed essere disposti a far arricchire tutte le persone che ti stanno attorno. Saper utilizzare il linguaggio pittorico e quindi saper dipingere è irrilevante.
Questa è l'involuzione del mestiere di pittore.

Carlo Govoni 

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1 - Ho sottolineato le parole faranno credere perchè tutta la critica d'arte contemporanea è basata sul concetto di "far credere". Non esistono argomentazioni razionali per dire che l'acquerello del 1910 di Kandinsky è artisticamente valido e innovativo. Il massimo che si può dire è che è originale.

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