Quadri bassi e lunghi
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Rassegna di pittori italiani
Solo quadri di artisti che utilizzano un linguaggio pittorico chiaro e aderente alla realtà. Immagini, ma anche conversazioni e saggi su tecnica e interpretazione della pittura e della storia dell'arte.
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Ho avuto l’occasione di entrare al Policlinico Umberto I° di Roma e sono rimasto colpito da una serie di interessanti dipinti eseguiti da Roberto Fantuzzi nel periodo tra le due guerre. Siamo in un momento storico dove erano molto diffusi i quadri astratti e altre tele prive di significato. Ma come in tutti i periodi storici ci sono sempre persone che non seguono le mode. Roberto Fantuzzi (1888 – 1976) ha studiato pittura all’Accademia di Belle Arti di Firenze, poi ha vissuto per parecchi anni in Sud America. Si è dedicato alla pittura di figura cercando di proporre quadri particolarmente precisi nella ritrattistica e nell’ambientazione. Molto interessante è anche l’utilizzo della luce, spesso dipinge interni con luce proveniente da una finestra. Sicuramente è un artista che ha compreso le lezioni del rivoluzionario Caravaggio. Una sua opera del 1924: “Scociedad Uruguaya de Pediatria” ebbe molto successo; su un'unica tela ha ritratto con estrema precisione 33 pediatri. Fantuzzi tornò in Italia su invito dell’ortopedico prof. Vittorio Putti ed eseguì molti quadri figurativi. In particolare dipinse ritratti di grandi medici, di cattedratici, di pontefici ed altri personaggi della sua epoca. La caratteristica peculiare di Fantuzzi è stata quella di curare tutti i particolari dei personaggi; anche le figure di secondo piano sono dipinte con notevole accuratezza. Negli anni trenta ha lavorato al Policlinico romano ed ha dipinto più di dieci quadri che sono esposti in diversi padiglioni dell’Università.
Il quadro che presento è quello del prof. Cesare Frugoni e dei suoi allievi. In questo dipinto vediamo una visita in corsia dove il letto della paziente è stato portato vicino alla finestra. In quegli anni non esistevano gli antibiotici e si usava approfittare delle belle giornate con la speranza che i raggi solari potessero essere d’aiuto per gli ammalati molto gravi.
Roberto Fantuzzi: Ritratto del prof. Cesare Frugoni e dei suoi allievi.
Olio su tela.
Da una fotografia del prof.Luca Borghi per Himetop- The History of Medicine Topographical Database (himetop.net)
Cesare Frugoni divenne direttore della Clinica Medica del Policlinico di Roma dal 1931 al 1951. I biografi dicono che non si iscrisse al partito fascista. Il prof. Frugoni è stato un medico straordinario, si dedicò soprattutto allo studio del fegato e ad un particolare ingrossamento di questo (splenomegalia) secondario alla trombosi della vena porta. E’ stato anche presidente di una commissione che nel 1954 portò alla stesura del Codice Deontologico dei Medici, cioè le regole alle quali i medici si devono attenere per eseguire correttamente la loro attività.
Un problema molto dibattuto in tutto il ventesimo secolo, ma anche tutt’ora, è se al paziente affetto da male incurabile si debba o non si debba dire la verità sulla sua malattia. Cesare Frugoni aveva idee precise; aveva capito che ci sono due aspetti che ogni medico deve sempre tenere in considerazione.
1 – Non c’è certezza della diagnosi. Il medico non è mai sicuro della diagnosi che ha fatto. La malattia che deve curare non sempre corrisponde esattamente quella che gli appare. Le malattie hanno numerose varianti. Mi sento di dire che le malattie non esistono nella realtà, ma servono solo ai medici per inquadrare sintomi, segni ed esami strumentali. La realtà è un’altra cosa, nella realtà ci sono solo persone ammalate. Nelle persone le patologie si sovrappongono e si manifestano con le caratteristiche proprie di ogni soggetto.
2 – Non c’è certezza nella prognosi. Il medico può pensare ad una durata della malattia, ma ritengo che questa previsione non debba mai essere esteriorizzata ad un ammalato. Proprio perché ogni caso clinico è diverso da un altro; sbagliare la prognosi è facilissimo.
Questi due dubbi fondamentali avevano fatto capire al prof. Cesare Frugoni che la medicina ha molti limiti. Non posso sapere che cosa ha pensato Roberto Fantuzzi quando lo ha ritratto mentre parlava agli allievi, forse lo ha colto in un momento dove stava dicendo che «se non sempre guarire si può, sempre consolare si deve.»
Articolo pubblicato sulla rivista Diagnosi & Terapia; anno 2018, n.10 - pag. 43. http://www.det.it/diagnosi-terapia-rivista-sfogliabile-di-dicembre-2018/
Se siete interessati a Roberto Fantuzzi potete leggere questo articolo: https://www.stampareggiana.it/2020/04/14/arte-roberto-fantuzzi-un-grande-interprete-del-ritratto-collettivo/
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